"Vedo i fiumi dentro le mie vene, cercano il loro mare, rompono gli argini, trovano cieli da fotografare..

Sangue che scorre senza fantasia porta tumori di malinconia.." - F. De Andrè, Un ottico

mercoledì 26 gennaio 2011

Racconto con neve e sole in sottofondo - Copia & Incolla

Sinceramente non mi sembrava vero, ma questo racconto (che a rileggerlo adesso mi sembra una grandissima cagata) l'ho scritto ben un anno fa. Mi sembra ieri.
Lo ripubblico non perchè mi piaccia il racconto in sè, ma perchè mi piace ricordare da cos'è nato. Perchè l'ho scritto.
E mi piace anche pensare che cos'è successo dopo questo raccontino anonimo e banale. Com'è cambiata la mia vita un anno più in là.



MARTEDÌ 26 GENNAIO 2010




Giorgio era un ragazzo come tanti, niente di speciale; non un gran figo da copertina, ma di certo non brutto. Visto così, giudicando solo l’apparenza, la maggior parte delle donne l’avrebbe definito “un tipo”. Che la definizione di “un tipo” varia ancora di donna in donna, non è ancora diventato un termine oggettivo e spiegabile ufficialmente, anche se ormai è diventato un vero e proprio idiotismo per definire alla prima occhiata persone così.
Ma a Giorgio non fregava proprio niente delle apparenze, e lasciava che qualsiasi classificazione estetica a lui affibbiata gli scivolasse addosso come la schiuma del sapone al ginseng con cui si faceva la doccia ogni santo giorno.
Perché non era proprio per l’estetica che si faceva notare, essendo anche un ragazzo abbastanza timido, ma per quello che aveva dentro, per quello che sapeva dare quando conosceva una persona per lui importante.
Perché a differenza del suo aspetto superficiale, lui non lo era affatto; era grazie a questo che aveva conquistato certe ragazze; quelle che non si facevano lusingare dall’apparenza ovviamente, quelle a cui aveva dato tutto ciò che poteva dare di sé stesso, lasciando sempre un bel ricordo, anche quando le cose, per via di qualche strana legge fisica che azzerava la forza d’inerzia, finivano.
Come per la stessa legge erano finite anche per la Iole, nome strano, ma simpatico, che lei odiava, ma che il babbo le mise per ricordare la sua nonna defunta da poco.
Quand’era una ragazzina aveva detto a tutti che appena diventata maggiorenne l’avrebbe cambiato con un nome più consono al suo essere, ai suoi lineamenti da bambina e ai suoi capelli biondi. Anche perché non sopportava che si dovesse sempre mettere l’articolo davanti al suo nome. La Iole.
Però non lo cambiò mai. Come non fece mai il tatuaggio che voleva farsi  a tutti i costi dopo averlo visto così scintillante sul fondoschiena della sua migliore amica. Piccolo ma certamente ad effetto. Non tanto per via dei “No!” tassativi del padre, ma perché col tempo era cambiata e aveva imparato ad apprezzare le cose più semplici della vita.
Anche perché con gli anni aveva imparato che chi rideva del suo nome era solo un coglione che non meritava il minimo fotone di considerazione sprigionato dai suoi occhi verdi; e soprattutto che non le serviva certo un tatuaggio per farsi notare, ma le bastava il suo sguardo magnetico, se voleva.
Non si conoscevano Giorgio e la Iole, uno stava nei bei colli toscani di Sambuca Pistoiese, l’altra stava in città, a Pistoia. Non troppo lontani, ma abbastanza da appartenere a due realtà diverse e incongruenti.
Giorgio aveva imparato a convivere bene con sé stesso dopo che il lavoro e le carriera di Claudia l’avevano fatta allontanare proprio mentre lui se ne stava legando più che mai. L’aveva dimenticata in fretta, apostrofando la vicenda con astratti pensieri filosofici di una freddezza glaciale a riguardo dell’amore.
Ora aveva una mezza cotta per Francesca, la cameriera del ristorante di Sambuca. Erano usciti insieme un paio di sere, dopo essersi conosciuti quasi per caso al ristorante. Si erano trovati subito bene, ci era scappata anche una “scampagnata” notturna in un castagneto poco lontano dal ristorante, ma all’indomani Giorgio ricevette un sms: “Ciao, scusa se ti mando un mex per dirtelo ma ieri sera mi sono lasciata andare e non dovevo. Ho capito solo stamattina dopo averci pensato a lungo che amo ancora Enrico e non posso lasciarlo. Nn voglio farti star male quindi è meglio per tutti e due se nn ci vediamo più. Scusa. Un bacio, ciao. Francesca.” Giorgio non rispose, non serviva, la prese come al solito con filosofia e pensò che certe cose devono andare così punto e basta.
- Ultimamente però sono proprio uno sfigato da panico - pensò  dopo averla sognata la stessa sera mentre dormiva con lui e di nascosto se ne andava dal suo letto - neanche nei sogni le cose mi vanno bene...
Il pomeriggio successivo andò a fare una corsa veloce per schiarirsi le idee nel percorso di montagna vicino a casa sua. Il cielo non era dei migliori e faceva un freddo cane, essendo pieno inverno; ma a lui non fregava, sentiva il bisogno di correre. All’improvviso, come aveva profetizzato il meteo con grafica Epson che stava ascoltando il giorno prima mentre gli arrivò l’sms di Francesca, si mise a nevicare.
Così, per guardare con calma i sottili cristalli bianchi cadere dall’alto, si mise sotto ad una quercia, che aveva ancora alcune delle sue foglie secche e dorate attaccate ai rami. E nel silenzio della pace che aveva trovato in sé e nella campagna riusciva a sentire i fiocchi cadere sulle foglie della quercia, facendo un sottile e delicato rumore. Allora pensò che Mogol aveva scritto a Battisti una grandissima cazzata, e che aveva fatto successo solo perché la gente non si era mai messa ad ascoltarla, la neve. Ma solo a guardarla. Perché la neve se la ascolti fa anche lei il suo rumore quando cade, come la tristezza del resto. Ma anche come la felicità!
La neve continuò a scendere senza alcun rumore (apparente) per tutto il giorno, imbiancando i monti toscani, e Giorgio se ne andò a letto senza più pensieri.
Il mattino dopo sarebbe dovuto andare in posta per spedire finalmente un pacco importante, un CD con delle canzoni che aveva scritto e arrangiato lui; aveva finito di registrare l’ultima dopo essere tornato dalla corsa e non vedeva l’ora di spedirla al manager amico di un cantautore che una sera per caso l’aveva ascoltato mentre si esibiva al ristorante di Sambuca (unica volta dato che il pianista di pianobar che era solito andarci s’era pigliato una tendinite)e aveva deciso di dargli una spinta. Lui neanche se n’era accorto di chi sedeva li vicino a mangiare, finchè a fine serata non sentì una voce avvicinarsi e cominciare a dire “Sei prvoprvio bvravo, ma le hai scvritte te ‘ste canzoni?” ...
Quindi il mattino si svegliò di buonumore e fu ben felice quando nell’entrare in cucina per prendere il caffè vide che era spuntato un bel sole che con la neve caduta il giorno prima rendeva il paesaggio bello da mozzare il fiato. Ed era impaziente di andare in posta, anche per vedere chi avrebbe sostituito Gino, vecchio amico del padre di Giorgio, che lavorava per le poste fin da quando aveva vent’anni e adesso finalmente se ne andava in pensione.
La posta era deserta, vuoi per la neve che ancora era per strada, vuoi perché non era giorno di pensioni e di vecchiette rompipalle, vuoi perché in quella frazione di Sambuca ci staranno si e no quattro gatti.
E Giorgio nel presentarsi lì nella posta deserta con la sua busta così preziosa in mano non si aspettava di certo di trovarsi davanti ad una bella ragazza, della sua stessa età, più o meno sui 25, e lì per lì non seppe cosa dire, e preso in contropiede dallo sguardo di là dal vetro che aspettava la busta o una sua mossa, arrossì.
Recuperò così ”E così tu sei quella che prende il posto del mitico Gino.. Beh insomma mi aspettavo uno un po’ meno giovane a sostituirlo, diciamo..”

E lei sorridendo:”E invece.. ci sono io, preferivi qualcun altro?”

“No, anzi, una volta tanto le poste funzionano bene.. Ma tu non sei di qua, vero? Non ti ho mai vista..”

“Eheh, no, sono di Pistoia. Lavoravo per le poste da poco, ed è arrivata una richiesta per un posto quassù, quindi dato che ero l’ultima arrivata mi hanno chiesto se volevo andarci io, gli sfaticati. Ma io ho accettato volentieri, anzi l’avrei chiesto io se non me lo chiedevano loro...”

“Beh come mai? Dico, vabbè che Pistoia da qua son solo 30 chilometri, ma è comunque una bella rottura.. ah.. intanto ti do questa, sennò mi scordo...”

“Raccomandata con ricevuta di ritorno?”

“Si, grazie...”

“Perché avevo bisogno di staccare un po’ dalla monotonia della solita vita di pianura, perché mi piacciono queste montagne, e soprattutto perché da queste parti se mi hanno detto bene ci abita uno dei miei idoli, Francesco Guccini.. dico bene?”

“Ma non mi dire, ti piace Guccini.. pensa che.. vabbè comunque si, abita proprio qui vicino, nella frazione di Pavana..”

“Piace anche a te?”

“Di più... Pensa che l’ho conosciuto per puro caso. Io e la mia chitarra sostituivamo il pianista del ristorante di Sambuca una sera, e all’improvviso mi è saltato fuori lui, quest’omone con la erre strana, e voleva aiutarmi a far conoscere i miei pezzi... un grande! In quella busta ci sono proprio i miei pezzi che dovrebbero arrivare ad un suo amico, e poi si vedrà...”

“Quindi sei un musico anche tu, bravo bravo.. ma lo vuoi imitare in tutto e per tutto vista quella barba incolta?”

“Eheh, no, me la faccio crescere così...”

“Io credo che gli uomini si facciano crescere la barba o perché con la barba sono dei fighi pazzeschi o perché hanno qualcosa da nascondere...”

“Allora io mi nascondo dietro la mia barba, così mi sento più sicuro. Ma senti ma... come ti chiami?”

“Ah.. bella risposta furba... Comunque io mi chiamo Iole, e tu?”

“Giorgio, piacere, anche se non posso darti la mano. Ma sai che anche la mia nonna si chiamava Iole? Sei una delle poche che tiene viva la tradizione, non è più molto frequente ormai, ma mi fa sempre piacere sentirlo...”

Iole non ci credeva, Giorgio era forse la prima persona oltre ai suoi genitori che non restava stupito di quel nome su una ragazza come lei, e disse”Sai cosa facciamo adesso? Andiamo a prendere un caffè, così possiamo parlarci senza vetri di mezzo, e così mi dici anche dove sta Guccini, dato che tu lo conosci.. tanto qua non viene nessuno, e poi per 5 minuti chissenefrega!”

“Volentieri, ma nessuno sa dove sta Guccini, sennò avrebbe la casa assediata da mille persone ogni giorno...”

E andarono a prendere il loro caffè. E Parlarono. Ma non abbastanza.
Due giorni dopo, erano usciti insieme in un altro splendido pomeriggio di sole, e in un bar di Pavana, senza aspettarselo, incontrarono Guccini che comprava le sigarette...

Da quel giorno, Giorgio e Iole continuarono ad uscire insieme...









Ovviamente il racconto finiva qua. Per me.
Ma su pressione degli unici tre lettori di allora - che ringrazio - e che ne chiedevano un seguito.. ci furono altre due parti..




4 commenti:

  1. Felice me di essere uno di quei "tre" lettori che hanno preteso il seguito! ;)

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  2. Hai fatto bene a riproporlo. (Andrò a curiosare anche gli altri due, ovviamente, ma con calma, mi piace gustare e far durare le cose...)
    Iole è un nome raro, ma bello. C'è anche una canzone carina di un gruppo veneto che si chiama (o chiamava) Pitura Freska, intitolato Iole.
    Che squallore, però, le persone che ti lasciano con un sms. E pare che siano sempre di più. Indelicate e vigliacche.
    Saluti al cinnazzo! (glieli hai poi fatti leggere, i commentazzi?) :D

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  3. Concordo hai fatto bene a riproporlo. Domani, con piu' calma lo rileggero' ancora perche' sono certa che colgliero' ancora altri significati. Che tristezza il fatto dell'sms. C'e' stata una persona che ha lasciato una mia amica un mese perima del matrimonio con un messaggio in segreteria telefonica. La tecnologia a volte aiuta il lato codardo delle persone.

    PS. Grazie di cuore per il libro :)

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  4. Erica: felice me di averti fatto diventare personaggio del racconto nel seguito! Strafelice... :)

    Zio Scriba: allora: se li leggi mi fa piacere ma fa pure con mooooolta calma.. e cmq è un racconto un po' del cazzo, ma mi piaceva ricordarlo per una serie di cose. Poi.. tu conosci i Pitura??? Ma GRANDE!!! Purtroppo si son sciolti da un po', ma restano cmq nella storia! (Io ci sono cresciuto con la loro musica, ho tutta la discografia:))Ne avevo anche parlato nel blog..
    Poi.. al cinnazzo farò leggere il tutto con calma.. ora lo lascio con la testa tra le nuvole finchè ce l'ha lì :)
    Cmq grazie..

    Vittoria A.: é una cosa tristissima davvero, ma fa capire il mondo in cui viviamo..
    Grazie a te :)

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Mi fa piacere anche un semplice "Ciao", sapere che siete passati di qua, che avete respirato un po' l'aria di queste montagne!
Ma potete scrivere quello che volete, come volete! Io non cancellerò mai un commento*, perchè il blog vive e cresce proprio coi commenti! E perchè mi piace chi partecipa, chi pensa, chi scrive! Come canta Gaber
"Libertà è partecipazione"
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